Spizzichi e Bocconi di “pane”…

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spizzichi e bocconi 211198566_10203484551749227_772322394_nCi sono luoghi deliziosi grandi quanto un chicco di caffè, anzi quanto una briciola di pane. Posticini in cui trovare riposo deliziandosi con specialità non banali: bocconi appunto. Declinazioni multiformi di tutto ciò che è pane: pane cunzatu, cuoricini ai cereali e uvetta, focacce in ogni modo (ad esempio: broccoli, olive e formaggio), i bagel, gli hot dog, il pane fresco di giornata farcito con gli affettati scelti, gli arancini in crosta al forno, il brezel salato. E che dire della parmigiana, della pasta al forno e del tortino di patate? E dei cannolini siciliani e delle mozzarelle in carrozza? Trovo assai carina l’idea del “boccone” e dello “spizzico”, sono parole che hanno un suono dentro e rimandano a una degustazione veloce, ma gustosa e golosa. Mi danno l’idea di un saziare per intero, quell’affondare al centro del gusto, quell’andare dritti al cuore, al sapore delle cose…seppure in poco tempo e in punta di sgabello. Tutto questo è possibile in via Collegio di Spagna a Bologna, Street Food, Take Away e Piccole Merende tra Amici: specialità siciliane e altro anche su ordinazione. lun-ven 12-15/18-21 sab 12-16 chiuso dom. Un’offerta di cibo da passeggio. Non il solito trancio di pizza, ma qualcosa di più. Un microcosmo che porta la Sicilia a due passi da Piazza Maggiore. Il tutto condito da molta cordialità e da sorrisi solari e contagiosi. Personalmente mi sono innamorata del cuoricino ai cereali farcito con formaggio e salmone. Mi è stato portato caldo. Era friabile, delizioso…e scorgere l’uvetta nella mollica è stata una piacevole sorpresa. Ho molto apprezzato il connubio uvetta/salmone, si sposano bene insieme, si armonizzano come mai penseresti. Anche i prezzi sono piccoli, bocconi e spizzichi pure loro. Consentono un pranzo al volo senza sensi di colpa e consentono la fuga da piadine e toast ormai visti e rivisti. Una coccola innocente che, per una volta, ti fa deporre grembiule e mestoli e ti fa guadagnare tempo. Una sosta carina prima/dopo/durante una passeggiata in centro. Ci tengo ad accompagnare questa passeggiata che sa di pane con un mio vecchio racconto in tema:

                                                           “ Mr. Bread “

                                                        di Cecilia Mazzeo

 C’è un piccolo forno, proprio al di là della strada, vicino quanto basta per poter dire a qualsiasi ora “ esco un attimo, vado a comprare il pane”, anche quando il pane è già nel sacchettino di nylon attaccato alla sedia o nel cestino di vimini sulla tavola imbandita.

L’insegna scandisce a grandi lettere dal sapore antico “Solopane”- per i golosi alla ricerca di briochine, pizzette, focacce, grissini, bignè e tutti gli altri suppellettili dell’arte panettiera, non resta che l’amaro in bocca e la delusione che borbotta saccente nello stomaco.

Il pane è roba da intenditori, da palati sopraffini. C’è chi non ne capisce niente, chi non sa distinguere una pagnotta da una baguette, chi lo compra come si va a comprare lo zucchero e la carta igienica, chi lo insulta e lo banalizza classificandolo come genere alimentare di prima necessità. Pane comune.  Ma lì, in quell’angolo di marmo rosso Verona, non c’è pane, c’è il pane, Mr Bread.

Un signore panciuto, morbidamente rilassato, indolente, riservato quanto un vero lord inglese. Mr Bread ti fa compagnia, è l’amico fedele che ascolta senza replicare né giudicare, è un balsamo per l’anima, è un grumo di atomi sapientemente aggregati in cui far sprofondare tutta la propria malinconia.

Quando esci dal negozio a suon di cucci e spintoni, con la fronte imperlata di sudore, i vestiti umidi e quel trofeo d’oro zecchino tra le mani, ti senti già meglio. E’ un oro semplice fatto di acqua, farina, lievito. Talvolta sale. Talaltra lo impreziosiscono con olio, latte, sesamo, olive, farina di mais, di segale, semi di girasole, avena, ma è sempre quell’irresistibile faccia di pane!  Il profumo inconfondibile spinge nella carta oleata, la permea, la sorpassa e s’infila insistente nelle nostre narici solleticando quel languorino sottile che è fame di vita, suscitando stimoli, curiosità, appetiti, linguaggi e sapori inaspettati. Incontinente e spasmodico ne afferri un pezzetto con una gestualità sacrale che sa di rito e di mito. Nel farlo continui a camminare, più che altro a ondeggiare sul marciapiede in uno stato di estasi, con la mollica corposa e compatta che gonfia il sorriso e lo rende simile a una buffa smorfia.  Addentare il pane, magari ancora tiepido, croccante fuori, tenero dentro è sentirsi già meglio, è un po’ come entrare nel bianco di quella bambagia ovattata e annebbiare la coscienza, la consapevolezza di quello che c’è fuori da lì.

E poi col pane puoi fare tante cose, è estremamente duttile, malleabile, umile. E’ l’amante perfetto, una matrioska dalle mille identità che si presta a ogni tuo più piccolo desiderio. Puoi grattugiarlo quando è secco, fare la carne impanata o le polpette, puoi sbriciolarlo e rendere felice la comunità di piccioni che gremisce la piazza, puoi fare contento un mendicante placando la sua fame, puoi tostarlo, aggiungerci olio, sale, nutella, formaggio, marmellata, mortadella. Puoi imbottirlo o spalmarlo, mangiarlo a grugno o tagliarlo a fette, ma il pane rimane tale, è sostanza. E’ veicolo.

E mentre lo mastichi senti le nenie delle comare del paese come un mesto sottofondo, senti le notizie del telegiornale che diventano interrogativi, paure, angosce, estrapolazioni azzardate, condanne. Le senti passare da una bocca all’altra, cambiare forma, tono, voce, colore a seconda del pensiero ed è in esso che ti nascondi come uno struzzo, affondando il dispiacere.

Mr Bread è schietto, diretto, semplice, amorevole, generoso. In netto contrasto con tutte le altre droghe del benessere, della finta democrazia, del liberalismo, della globalizzazione, del tutto si può, del si deve osare, si deve pretendere di più.

E poi, ritorni a casa, col sacchetto pieno di pane e lo offri ai tuoi commensali, lo spezzi, lo condividi. Lo intingi nelle pietanze, gli fai assorbire sapori sconosciuti, lo trasformi a tuo piacimento. Come Manuela. Novantasette chili per un metro e sessanta di altezza. Manuela che nessuno se la fuma  neanche di striscio solo per quei dannati chili in più, Manuela che ha sempre il sorriso sulle labbra e una risata da black soul, Manuela che ogni mattina anticipa di mezz’ora il risveglio per fare la fila dal fornaio.

Tutti di fretta, in preda alla nevrosi collettiva del mattino, tutti impazienti, maleducati, sbadati. Tutti tranne lei. Lei che ha la stessa calma della lievitazione naturale. Lei che ha lo sguardo famelico impastato di pane, uno sguardo di gommapiuma perfetta. Manuela aspetta il suo turno paziente senza curarsi dell’incedere delle lancette sul suo Pierre Bonnet, assapora quel piccolo momento del mattino che a lei cambia la giornata. Si accontenta di poco, si siede nell’aroma accogliente del pane e in quella breve sosta riesce a trovare tutte le motivazioni della giornata, nel piacere di un morso si dà il buongiorno. Canticchia, fischietta, saltella quasi e quando passa in mezzo a tutti i volti imbronciati del mattino sposta l’aria, la muove per via della sua mole ma anche della sua felicità che traspare, che contagia ad ogni passo, ad ogni morso.spizzichi e bocconi 4

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