Fragola? O F a gola? Il cibo è un linguaggio

Credo che il cibo sia un linguaggio così come il gesto del cucinare. Azione che prevede un pensiero, un progetto, ma anche l’onda dell’istintualità. Azione che è culla e corredo di una ricorrenza, di una festività, di un sentimento o di una semplice emozione. Azione che è cornice, ma che ha valore anche da sola. Dietro al cibo e agli ingredienti ci sono lettere, parole, messaggi muti. Ci sono storie di famiglia, abitudini, ma anche innovazioni personali. C’è il prendersi cura. Il cibo parla, racconta, urla, sussurra, bisbiglia…alla nostra pancia e accompagna l’emozione del momento. Chimica e psiche. Pensateci: quando siamo tristi e malinconici desideriamo cose dolci e grasse, burro e cioccolato. Quella grassezza che nutre lo spazio del cuore ferito o deluso. A volte, invece, sentiamo bisogno del sapido, dell’intelligenza cristallina del sale che dando carattere e sapore alle pietanze sembra vestirci del giusto tono. Quando siamo tesi, o spaventati o innamorati lo stomaco si chiude. Diventa un tubo stretto che non lascia passare nemmeno il respiro o si riempie di “farfalle” che ci saziano diversamente con l’adrenalina dell’innamoramento.  Perché alla pancia, domanderete? Credo che la sintesi del mio pensiero sia questa: “ho il cuore nella pancia.” La pancia rappresenta il secondo cervello, il luogo della memoria e dell’istinto. La tana in cui viene fecondata la vita. La pancia è dunque una specie di alfabetiere di lettere mute. La pancia della gravidanza. La pancia del piacere. La pancia dell’essere genitori, ma prima di tutto ancora figli. La pancia è il sentire senza filtri, senza ratio. E’ la trasparenza dell’anima. Il fuoco sacro della creazione. Dunque sì, ho il cuore nella pancia. Quando cucino difficilmente riesco a coniugare i miei gesti nella precisione. Piuttosto è un abbandonarmi alla colla magica che lega le idee e trova soluzioni. Sono una mamma, non sono una cuoca. Il mio cucinare segue la quotidianità coi suoi affanni e i suoi inciampi, segue il caos e il tempo frammentato. Il progetto è nel cuore, non nella mente. Apro il frigorifero e la dispensa e lascio che sapori, forme e colori vengano a me. E mi dicano: fragola fa gola? Maman Cécile, è quello che sono: Cecilia, una mamma. Ma sono anche le iniziali del mio nome completo, Cecilia Mazzeo. Quel MA poi è tante cose: Mamma, congiunzione avversativa, Mare che in dialetto veneto significa madre, Matilda la protagonista del mio primo romanzo e poi Ma come MAISON, CASA. Sì, perché se ho il cuore nella pancia…cucinare per me è un viaggiare con la fantasia tra i fornelli, tornando però sempre a casa. A quei sapori lì. Che ti fanno tornare bambino. Sì, il cibo è linguaggio, veicolo, comunicazione, altare, comunione, intelligenza creativa, celebrazione, viaggio al di fuori del Sé e ritorno alle origini.Fra-golaMA CE