Il fiordilatte bolognese

STORIA DI UN FIORDILATTE BOLOGNESE

Non amo molto i budini, ma per il pranzo di Pasqua mi ero messa in testa di fare per la prima volta il fiordilatte bolognese. Avevo ben chiaro come lo volevo, come quello di una trattoria di Tolé. Volevo un fiordilatte sodo, robusto, dal sapore forte, con un caramello lucidissimo e brunito, scuro.
Avete presente le voglie? Ecco, una voglia.
Sapete da dove ha origine il nome? Una volta si usava il latte fresco non pastorizzato e così si faceva bollire il latte anche per 3 ore, così da far affiorare il FIORE del latte, la sua panna, il suo grasso.
Come per ogni ricetta, ce ne sono 3000 varianti, così tante da diventare matti e ognuno dà consigli diversi, molto diversi.
Ho seguito passo passo la video ricetta della mitica e simpatica Alessandra Spisni, ma è stato un flop e il fiordilatte si è suicidato. Più che un latte in piedi…è diventato un latte sdraiato in 4 bicchieri. Sapore buonissimo MA… In quella videoricetta c’è troppa approssimazione. Davvero troppa. È tutto troppo “un tanto al kilo”. Questo dolce invece richiede precisione e pazienza ma alla fine è facile.
Mi credete? Quando ho visto il fiordilatte suicidarsi la sera del Sabato Santo…HO PIANTO! Non so bene perché ma ci tenevo tantissimo, proprio tanto.
Ma la Ceci è una che non si dà per vinta e ho passato la sera del sabato a diventare strabica davanti a miliardi di ricette. Ho scelto la ricetta la cui foto mi faceva dire: “io vorrei mangiare QUESTO”. Ero stanchissima, non stavo bene, ma volevo un fiordilatte perfetto per la mia Pasqua. Avevo giusto giusto un litro di latte e 8 uova e ormai poco zucchero. Ho rischiato. Ma mi sono detta: questa è la notte dei miracoli, Gesù sta per risorgere, può farlo anche il fiordilatte. Ci ho messo tutto il mio Amore e la mia caparbietà. Potevo farne a meno. Non avevamo ospiti, ma cosa vuol dire? Siamo proprio noi gli ospiti più importanti. E quello spremermi è la mia visione della vita e della fede “far fiorire le croci”.
Avevo finito le stecche di vaniglia, ma avevo la vanillina. Non avevo più i chicchi di caffé ma avevo un limone bio. E allora mi sono messa lì, con religiosa pazienza e quel mio so-stare in cucina aveva qualcosa di liturgico, di potente, di simbolico, di spirituale.
Il giorno prima io e mio marito abbiamo provato a fare il caramello 3 volte, ma niente.
Quella sera ho voluto essere lasciata da sola. Dovevo concentrarmi. Essere nel qui ed ora. Essere nel latte. Nella temperatura.
Il caramello è venuto perfetto al primo colpo, ma ho fatto “a modo mio”.
Sono stata in piedi a rimescolare il latte per un’ora. L’ ho fatto sobbollire per un’ora senza farlo attaccare. Ho sovvertito totalmente la ricetta della Spisni. Ho messo solo rossi e solo un uovo intero. Ho messo lo zucchero nel latte, non nelle uova. La vanillina e la scorza di limone.
L’ ho fatto cuocere a bagnomaria in forno per due ore. Poi è stato a temperatura ambiente tutta la notte. E poi in frigo dalle 8 del mattino fino alle 12.
È venuto un capolavoro. PERFETTO.
È venuto il fiordilatte che volevo, quel sapore lì, quella consistenza lì. Quello della Spisni bocciatissimo e sembrava una panna cotta pallida.

INGREDIENTI:

7 TUORLI
1 UOVO INTERO
1 LITRO DI LATTE FRESCO INTERO
1 STECCA DI VANIGLIA O UNA BUSTINA DI VANILLINA
1 MANCIATA DI CHICCHI DI CAFFÉ TOSTATI O SCORZA DI 1 LIMONE NON TRATTATO
300 GRAMMI DI ZUCCHERO

PER IL CARAMELLO:

5 CUCCHIAI DI ZUCCHERO
3 CUCCHIAI DI ACQUA
QUALCHE GOCCIA DI SUCCO DI LIMONE

Procedimento:

Fare sobbollire il latte con lo zucchero, con la vaniglia e la scorza di un limone o, se preferite, con la vaniglia e i chicchi di caffé per un’ora rimescolando sempre per non farlo attaccare. Deve ridursi quasi della metà, cambiare colore e consistenza. Deve appunto diventare il fiore del latte. Una volta che avrete ottenuto il “fiore”, lasciatelo raffreddare per bene.

In una terrina sbattere con una forchetta i rossi d’uovo e l’uovo intero. Niente fruste e cercare di non fare incamerare aria.

Per il caramello:
Padella con fondo spesso. Versare i 5 cucchiai di zucchero e i 3 cucchiai di acqua (o anche di più, regolarsi a occhio). L’acqua deve bagnare tutto lo zucchero. Spruzzare qualche goccia di limone e fare fondere a fuoco medio. A me piace il caramello scuro, brunito ma non bruciato eh! Ecco qui, che consiglio vi do? Va osservato benissimo. Bisogna osservarne tutti i cambiamenti di stato e fare attenzione. Appena inizia a esserci abbastanza liquido color ambra scura e trasparente, togliere dal fuoco e rimescolare e colarlo subito nello stampo. Scaldate lo stampo prima così da evitare lo shock termico e non farlo cristallizzare. È questione di secondi e millilitri e gradi. Ci vuole una frazione di secondo perché non sia da buttare.

Quando il fiore del latte è freddo, unitelo alle uova filtrandolo con un colino a maglie strette. Rimescolate e cuocete a bagnomaria in forno statico a 150 gradi per circa due ore. L’acqua non deve mai bollire. Trascorse due ore fate la prova stecchino. Se è asciutto, è cotto. Estraetelo dal forno e fate raffreddare completamente. Una volta raffreddato, ponete lo stampo in frigo per almeno 4 o 5 ore. Trascorso questo tempo, prendete lo stampo, con uno stecchino o un coltello staccate bene i bordi. Per sicurezza mettete lo stampo a bagno in acqua bollente per qualche secondo così da farlo staccare meglio. Con una mossa decisa rovesciatelo sul piatto da portata.

È un dolce meraviglioso che sa di nonni, di vita di una volta, di mondi rurali, di riti antichi. Gli ingredienti sono pochissimi e sono poche anche le cose da fare. Ma è un dolce che chiede pazienza, un tempo lento, la saggezza di chi non ha fretta. Quella pazienza che sembra perduta in questa umanità.
Trovate la pazienza e sarete ripagati da un vero paradiso sensoriale.

Alla prossima, Cecilia